Questo articolo fa riferimento al sistema "Visio", studiato presso l'ENEA di Frascati (Roma) da una equipe diretta da Antonio Botticelli, e realizzato sotto forma di prototipo.

A proposito di Visio

Di: Emanuela Pancotti. Maggio 2007.

Da quando Visio è entrato nella mia vita e mi trovo a parlarne con qualcuno che non sa nemmeno cosa sia, mi capita spesso che mi si pongano tali domande: "Cos'è Visio?" "Ma cosa si sente con questo Visio?" o peggio "Cosa ci vedi con questa macchina?".

Oggi cercavo di trovare delle risposte esaurienti, ma semplici al tempo stesso, per dare un'idea generale al mio interlocutore su che cosa sia realmente Visio e quale sia la mia esperienza individuale, che non intende suscitare o modificare pareri altrui sull'utilità che Visio possa o non possa o potrebbe avere per un cieco.

Ho pensato al mio nipotino, che ha appena un anno, e fantasticando sul futuro ho pensato a quel giorno in cui vedendomi indossare Visio, mi potrà chiedere: "Che cos'è quella cosa che hai addosso?"...

Ecco proprio come se mi sforzassi di spiegarlo al mio nipotino, con parole semplici vi racconto Visio...

"Che cos'è Visio?"

Visio è un dispositivo elettronico ed elettromeccanico capace di manipolare delle immagini provenienti da una telecamera.

Quello che uso io è formato da:

una microtelecamera fissata sulla montatura degli occhiali, più precisamente sul nasello, proprio per avere un punto di vista centrale di riferimento. Toccandola con le mani si sente al centro di essa un forellino, quello è l'obbiettivo il quale riceve l'ambiente come se stessimo guardando dalla fessura di una serratura;

una scatola che contiene il "lavoratore" del sistema ovvero Visio stesso (l'emulatore che chiamo Visio). Questo "operaio elettronico" riceve continuamente, "fotogramma dopo fotogramma", i segnali dalla telecamera, li manipola elaborando come risultato ciò che invia al tappetino.

Un tappetino di plastica sul quale sono montati 400 aghetti vibranti a formare un quadrato con il lato di 20 aghi, i quali con la loro pulsazione proiettano sulla pelle l'immagine tattile;

una pulsantiera, cioè un'altra scatoletta sulla quale c'è una manopola di selezione che oltre a servire ad accendere e spegnere il sistema regola i livelli di zoom della telecamera, poi due pulsantini attraverso i quali regolare l'intensità delle pulsazioni degli aghetti; questi due pulsantini sono utilissimi quando varia la luminosità dell'ambiente in cui ci troviamo.

Tutto ciò funziona grazie ad una grossa e pesante batteria che deve essere periodicamente ricaricata, come facciamo con le batterie della macchina.

Tutte queste parti sono collegate tra loro attraverso dei cavetti. Il tappetino si fa aderire sull'addome indossandolo con una specifica imbracatura. Gli occhiali s'indossano come dei comunissimi occhiali, la pulsantiera, data la sua funzione, si tiene in mano o in una tasca, mentre la scatola e la batteria si mettono in una borsa o in uno zaino.

"Cosa si avverte attraverso Visio?"

"Percepire" per "Riconoscere", questi sono i termini giusti per definire ciò che si compie indossando Visio. Sì perché con Visio non si "vede" niente e se c'è qualcuno che dice di riuscirci, non è certo per l'effetto di Visio ma per l'effetto magari di qualche allucinogeno!

Le pulsazioni prodotte dagli aghetti del tappetino sulla pancia, fanno si che con Visio si vive un'esperienza in cui le cose arrivano addosso ancor prima di toccarle col tatto delle mani.

***

"Sono al supermercato con mamma, io indosso Visio, e ci troviamo davanti allo scaffale dei liquori; dobbiamo comprare una bottiglia di Vecchia Romagna.

Io attingo al calice dei miei ricordi, quelli del mio passato da vedente, dai quali riemergono sia l'immagine visiva della bottiglia, che la sensazione tattile della stessa, e quelli più recenti, nella mia vita da non vedente, quando l'ho toccata e afferrata dal mobile del salone per portarla in tavola.

I ricordi riaffiorano copiosi data la particolare fattezza della bottiglia che la contraddistingue dalle altre: bassa, di vetro abbastanza spesso, le tre facce con il cerchio ribassato e su uno di essi l'etichetta bianca o nera, con il viso sorridente che al posto dei capelli ha dei ricchi grappoli d'uva.

C'è molta gente intorno e mia madre è un po' frastornata dal caos e dal pensiero di tutte le altre cose che si deve ricordare di comprare; io invece sono lì concentrata a sentire soltanto le pulsazioni sulla mia pancia, e attraverso di esse, una dopo l'altra scorro quelle bottiglie,, quelle immagini tattili più o meno affusolate, o più o meno intense, a seconda della forma o del colore della bottiglia di liquore.

- Non la trovo, mi sa che non c'è.- esclama mia madre.

Io con un po' di curiosità scorro ancora, muovendo lentamente la testa da sinistra verso destra, mantenendomi ben lontana da quello scaffale che per me è composto da merce troppo fragile. Ecco all'improvviso sento sulla pancia apparire delle pulsazioni che compongono un cerchio, aumento un po' lo zoom della telecamera, poi allungo il dito in direzione del mio naso, sopra di esso c'è la telecamera di Visio, che ora sta centrando in pieno quel cerchio, poiché adesso le sue pulsazioni sono proprio al centro della mia pancia:

- Eccola!-

- Oh mio Dio!-

Questa esclamazione di mia madre mi fa capire che quella circonferenza pulsante appartiene a quell'etichetta che ricordavo, allungo lentamente la mano e sfioro con la punta del dito la faccia della bottiglia, eccola è fredda, sento la carta liscia dell'etichetta. Vorrei tirarla fuori ma vicino ci sono altre bottiglie e potrei tirarle via con essa. Sono già soddisfattissima di questa esperienza e non vorrei rovinarla proprio adesso.

Infine mamma, che è rimasta un po' nello stupore, afferra la bottiglia dicendo:

- "Se lo racconto non ci credono!"-.

Anch'io stento quasi a crederci, di colpo quel cerchio che avevo dentro è comparso fuori e sono riuscita a toccarlo, prima, con Visio, e dopo con la punta del dito.

All'improvVISIO, si potrebbe dire,ciò che avevo dentro, di cui ero alla ricerca, è comparso fuori e come in uno specchio che avevo sulla pancia, attraverso di esso si è andato a riflettere con quello che avevo già in testa..

Succede così, come la lente di Sherlock Holmes Visio fa arrivare a noi gli indizi che richiamano quell'oggetto che fa già parte dei nostri ricordi sensoriali. Quando l'immagine tattile del tappetino combacia con uno di essi, in quel momento si vive la stessa piacevole sensazione dell'investigatore che rintraccia la prova, che cercava e che incastra l'assassino.

Ecco quell'immagine dalla mente si cerca fuori, da fuori arriva sulla pancia, dalla pancia di nuovo dentro e con le mani dentro ancora ed è , un combaciar tra ricordi e sensi, tra dentro e fuori in un riflesso armonioso.

***

Ovviamente, le prime volte, "il disegno tattile" riprodotto dalla pulsazione degli aghetti non è ancora riconducibile ad un oggetto conosciuto.

Ma ripetendo le stesse esperienze più volte nel tempo, quelle pulsazioni non hanno neanche più bisogno della verifica tattile delle mani, poiché si ricollegano direttamente a quelle stesse nuove esperienze.

Ecco allora che nasce l'armonia con quello che ricordiamo e ora possiamo riconoscere; quindi indossando Visio possiamo andare a rintracciare per poi toccare e afferrare realmente, senza annaspare in una ricerca cieca senza riferimenti.

In particolare la differenza con Visio è che quello che per noi apparentemente non c'è, perché in quel momento non lo stiamo toccando, all'improvviso compare e noi anche se non lo riconosciamo immediatamente possiamo però accorgerci della sua presenza. Inoltre il tatto a distanza di Visio ci porta lì dove il tatto delle mani non può arrivare: col movimento della testa si può seguire fino in cima il pulsare d'un palo della luce, si può seguire il contorno d'un palazzo o l'ampiezza di una chioma di un albero, e soprattutto accorgersi se la luce è spenta o accesa, poiché Visio senza luce non funziona, non "ci vede niente"!

Utilizzare Visio può significare avere la possibilità di vivere la strada in due modi:

se si va di corsa si possono rintracciare, attraverso le pulsazioni, i riferimenti fondamentali, trovarli e poi seguirli col bastone;

se si ha un po' di tempo libero ci si può soffermare a sentire le pulsazioni degli oggetti dietro le vetrine dei negozi, sostare davanti ad una fontana godendosi il pulsare del flusso della cascata d'acqua o sotto il periodo natalizio gustarsi il forte pulsare delle illuminazioni decorative. Queste sono tutte esperienze che io stessa ho vissuto e che hanno risvegliato in me l'emozione di rivivere delle sensazioni che ormai non potevano più far parte della mia vita.

Da buona Romana so che nella mia città se ci si deve recare in un posto velocemente è meglio prendere la metro, ma per gustarsi il panorama e la storia di Roma esistono quelle belle carrozzelle tirate dai cavalli. La metafora più o meno è quella, tutti i giorni quando sono a lavoro e devo recarmi a mensa prendo "la metro", cioè il bastone e seguo un corrimano installato per fornirmi un percorso, ma quando voglio godermi i giardini del mio ente, o sento il bisogno di esplorare di più una situazione, allora prendo "la carrozzella", cioè indosso Visio.

Emanuela Pancotti

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